di Maurizio Pimpinella
Nella vita post pandemica, non iniziamo nemmeno ad abituarci al new normal che già si profila la prossima rivoluzione. A partire dal primo lockdown, infatti, un po’ tutti abbiamo sperimentato il lavoro da remoto, e tramite video conferenze, condivisioni dello schermo, telefonate eccetera siamo riusciti non solo a continuare a lavorare ma anche a rimanere in contatto con amici e colleghi, tanto che oggi in molti richiedono una modalità di lavoro ibrida. Adesso però il modello del lavoro a distanza potrebbe beneficiare delle novità tecniche che avanzano rendendolo veramente ibrido attraverso il metaverso, un contesto in cui ci si trova in presenza pur rimanendo a distanza e che sta sempre più affrancandosi dal suo iniziale legame dal mondo del gaming. Come è stato recentemente scritto sulla prestigiosa rivista Economist: “il metaverso è già qui tra noi, anche se non è ancora distribuito uniformemente. Ma un’economia aperta potrebbe arrivare presto e diventare rivoluzionaria”. Come ho già avuto modo di esprimere in alcune mie precedenti conferenze, ciò che attualmente manca al metaverso (così come ad altri contesti dalla PA al turismo, soprattutto in Italia) è l’interoperabilità dei mondi che consentirebbe di switchare tra i 40 e più ecosistemi virtuali attualmente esistenti. Un punto di vista condiviso anche da una recente ricerca di Citi in cui, in virtù anche di un valore stimato di tale economia attorno ai 13 miliardi di dollari entro il 2030, si afferma esplicitamente che “l’interoperabilità e lo scambio continuo grazie alla blockchain saranno fondamentali per garantire un’esperienza utente senza attriti”.
Nell’ambito lavorativo poi, il metaverso rappresenterebbe un’evoluzione dello smart working: da un lato limita la necessità di spostarsi per lavoro – con benefici per la sostenibilità ma effetti negativi per gli operatori attivi in questo ambito – mentre dall’altro lato permette un più immediato scambio di opinioni e quella che mi piace definire l’”ingegnerizzazione del lavoro”. Basti pensare, ad esempio, alla progettazione di una casa o di un’auto o, banalmente, a qualsiasi progetto che implica un lavoro di concerto. Al cambiare dei modelli di business e delle modalità di lavoro è evidente che anche i lavori stessi siano destinati a cambiare evolvendosi e adattandosi al nuovo contesto. È questo il caso, ad esempio, dei builder, gli architetti virtuali del metaverso che da “semplici” sviluppatori di app, siti e software diventano il deus ex machina di un mondo che “respira” e “reagisce” alle sollecitazioni in maniera nuova offrendo spazi ed esperienze mai viste prima.
Attualmente, il metaverso è un contesto in cui trovano compimento solo alcuni ambiti produttivi, come la moda o l’arte, ma il cambiamento dei modelli di business anche di altri settori, come quello dei viaggi, è dietro l’angolo. Pensiamo solo ad un luogo in cui le persone vanno oltre la videoconferenza e il rapporto con gli oggetti e le persone diventa tangibile, interagendo direttamente e in tempo reale col mondo circostante.
A questo punto, anche le aziende dovrebbero strutturarsi per comprendere al meglio il nuovo contesto attraverso un percorso di transizione digitale avanzato che non può prescindere dal re e up skilling del capitale umano, il vero motore della trasformazione che necessità però anche del coordinamento dei sistemi pubblico e privato per favorire la transizione – il più possibile omogenea e indolore – verso un contesto lavorativo in grado di generare diffuso valore per tutto l’ecosistema socio-economico.