di Maurizio Pimpinella
Legibus solutus, ovvero, letteralmente, sciolto dalle leggi. Uno status, ben più ampio dei concetti di autonomia e indipendenza, proprio degli antichi imperatori cui era riconosciuta la facoltà di essere, di fatto, esentati dal rispettare le norme vigenti e codificato per primo dal filosofo romano Ulpiano e poi dal giurista francese Jean Bodin.Con le dovute proporzioni e attualizzazioni, è più o meno la condizione di asimmetria regolamentare nella quale, a volte, operano alcune imprese attive nel settore finanziario, così come parte delle stesse big tech.
Da ultimo, è balzato agli “onori” delle cronache il servizio “Amazon ricarica in cassa”, offerto ai clienti dallo stesso marketplace, attraverso il quale presso soprattutto punti vendita di prossimità ma anche GDO e negozi di elettronica, è possibile o acquistare dei coupon Amazon del valore compreso tra 10 e 500 euro o effettuare direttamente delle ricariche all’intestatario di un account Amazon per un ammontare variabile tra 5 e 500 euro.
Premesso che il sistema in quanto tale sostanzialmente non viola alcuna legge, negli ultimi mesi vi sono state però numerose segnalazioni – tra cui una recente interrogazione parlamentare del deputato Nunzio Angiola – secondo cui tale sistema sarebbe utilizzato impropriamente per effettuare riciclaggio e autoriciclaggio di denaro sporco.
Il sistema è piuttosto semplice quanto efficace. Secondo quanto indicato nel testo dell’interrogazione presentata alla Camera: “una serie di soggetti versano delle somme in contanti su uno o più wallet collegati a uno o più account, tramite i quali è possibile effettuare acquisti di beni e servizi sul market place di Amazon; le operazioni sono compiute davanti a un soggetto che non ha il dovere di identificare né chi versa il denaro né chi lo incassa e di conseguenza non è tenuto alla Sos (segnalazione per operazioni sospette) di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 231 del 2007” A questo punto “il credito accumulato sotto forma di buoni acquisto viene successivamente convertito in denaro, e quindi ripulito”. Ma ci sarebbe di più. Lo stesso soggetto che sfrutta Amazon per tali operazioni, infatti, potrebbe a sua volta essere anche un venditore e quindi acquistare merce da sé stesso. Inoltre, il denaro ripulito potrebbe essere utilizzato per qualsiasi genere di attività mentre il coupon non versato potrebbe essere girato a terzi in cambio di denaro contante così come già avviene con i gratta e vinci o altri generi di lotterie.
Ebbene, proprio l’eventualità che il servizio Amazon sia sfruttato per riciclare denaro è un opaco equivoco dovuto al dislivello normativo che penalizza – al di là di quanto si possa invece ritenere – prima di tutto la stessa Amazon oltre che tutti gli altri operatori attivi nel settore e quindi il mercato nel suo insieme. Non essendo, infatti, un intermediario finanziario accreditato – e quindi vigilato – Amazon o chi per lui non sono tenuti ad avviare tutta una serie di pratiche: quali procedure di KYC in fase di onboarding dell’account, o di verifica dell’identità né dell’intestatario dell’account né del soggetto che effettua la ricarica. Paritariamente, anche i classici controlli AML non sono in gran parte obbligatori.
Gli obiettivi del Digital Markets Act europeo, col quale si intende promuovere l’equità nei mercati digitali, incentivando il diritto alla concorrenza e la tutela del processo competitivo per massimizzare il benessere del consumatore, dovrebbero essere assunti come principi generali da estendersi a tutte le fattispecie dell’economia digitale – di cui il mercato finanziario è forse la parte fondamentale.
L’equilibrio di mercato è il principio fondamentale comune sia per evitare danni di natura reputazionale che si potrebbero estendere a tutto il mercato sia per mettere in risalto strategie, capacità e modelli di business più efficaci ed attraenti. A prescindere dal fatto che quanto segnalato risulti o meno vero, e senza dubitare della buona fede di un’azienda che in Italia investe e crea decine di migliaia di nuovi posti di lavoro, quanto emerso potrebbe però essere davvero l’occasione per riequilibrare il mercato dei servizi finanziari a partire proprio da quel common level playing field tanto auspicato che potrebbe veramente essere il primo passo verso una vera market accountability generale.