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Home News Digital Politics

Recovery Fund, ora il secondo round con i parlamenti nazionali

24 Luglio 2020
in Digital Politics
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Recovery Fund, ora il secondo round con i parlamenti nazionali

European Parliament building at sunset. Strasbourg, France

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di Pierfrancesco Malu

Dopo le roboanti manifestazioni a celebrazione della “vittoria” italiana nella trattativa coi i paesi definiti frugali sul Recovery Fund, arriva una parziale, seppure importante doccia fredda.

A ravvisare il pericolo in agguato è l’ex commissario UE e attuale Senatore a vita Mario Monti dalle colonne del Corriere della Sera.  Testuale: «Il bilancio della Ue 2021-27 e il Recovery Fund, per dispiegare i loro effetti, richiedono che la decisione sulle nuove risorse proprie venga ratificata da tutti gli Stati membri, come se fosse una modifica dei Trattati (e magari qualche paese penserà di ricorrere a un referendum…)».

Insomma, l’accordo che è costato così tanta fatica per essere raggiunto sarebbe tutt’altro che blindato e potrebbe essere rimesso in discussione dai parlamenti nazionali, un po’ come avvenne già per la Comunità Europea di Difesa nei primi anni Cinquanta e per il progetto di Costituzione Europea dei primi Duemila.

Questo perché col documento approvato qualche giorno fa sono state introdotte non poche innovazioni sul piano delle procedure e dei controlli di merito da parte dell’euroburocrazia sui finanziamenti da erogare, innovazioni che non sono previste in nessuno dei trattati europei.

Nel suo articolo, l’ex premier spiega meglio anche questo passaggio: «Tanto per dirne una, quella decisione sulle risorse proprie dovrà essere approvata dal Parlamento olandese. Non vorremmo, spero, offrire ai parlamentari olandesi l’occasione ghiotta di dimostrare che loro, sì, sanno essere intransigenti verso paesi che non mettono in ordine la loro economia, non quel mollacchione di Rutte… Basterebbe il no di un parlamento. Niente risorse proprie. Niente possibilità per la Ue di indebitarsi sul mercato. Niente bilancio settennale. Niente Recovery Fund. Che comportino o no forme esplicite di condizionalità, gli aiuti di altri mettono comunque in posizione subalterna».

La questione si fa particolarmente spinosa se pensiamo al fatto che l’olandese Rutte potrebbe essere molto poco propenso a volersi esporre ulteriormente di fronte al proprio parlamento per fargli approvare quanto stabilito a Bruxelles, soprattutto, tenendo conto del fatto che presso la Camera Alta non detiene la maggioranza. Le vicine elezioni olandesi (primavera 2021) suggeriscono cautela a Rutte che vorrà certamente conservare il proprio ruolo a scapito dei partiti populisti e di destra che incalzano la sua coalizione di governo.

Ovviamente, abbiamo posto l’attenzione sul parlamento olandese in quanto anche il dibattito mediatico è stato particolarmente acceso su questo Paese ma quanto detto potrebbe avvenire anche in Austria o in Danimarca e Svezia.

In definitiva, la partita è ancora lontana da essere chiusa con la differenza che ora l’influenza del nostro governo e dei suoi alleati è ancora più flebile di prima non potendo influenzare più di tanto la volontà di Parlamenti e opinioni pubbliche altrui. Nel frattempo, meglio prepararsi a far cadere i preconcetti relativi all’utilizzo del MES, considerato che, se anche dovesse andare tutto per il verso giusto, il Recovery Fund non potrebbe essere usato prima della seconda metà del 2021.

Tags: commissione uecontecovid19mesparlamento europeorecovery fundrutteursula von der leyen
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